Le miniere di Val Dragone


 

 

Cinghi di Boccassuolo: ingresso di una miniera

 

 

"In venis inventis et que inveniri vel

reperiri in terris Medole et Bochaxoli,

ex quibus aurum, argentum, ramun,

stagnum, plumbum, ferrum vel aliquod

metallorum de predictis haberi,

percipi et extrahi poterit.".

 

(Contratto stipulato nel 1343 da Guglielmo

da Montecuccolo con alcuni operai

per lo sfruttamento delle miniere

di Medola e Boccassuolo).

 

 

 

 

Studi riguardanti l'Appennino reggiano e modenese hanno confermato la reale struttura e consistenza di quegli imponenti depositi di rocce ofiolitiche affioranti in più parti e ricche, nella nostra valle, di minerali calcopiritici (si è anche trovato rame nativo) nei quali si cercò nel passato (fino al 1849) la presenza dell'oro. Si tratta di giacimenti nati e sfruttati fin dai tempi remoti, e gli Etruschi, maestri della tecnica mineraria e dell'aurifodina in particolare, potrebbero avervi per primi posto mano, trovando, forse, il prezioso minerale cui accennano congiuntamente la voce popolare e il topònimo Palagano. Infatti, il termine Palagano si vuol derivare dalla voce prelatina palàga significante appunto pepita d'oro.

La documentazione archivistica riguardante le miniere della Val Dragone, giacente presso l'Archivio di Stato di Modena, è di particolare interesse e dimostra l'attenzione e la cura rivolte in diversi tempi alle cave. Tale documentazione comprende: concessioni di scavo fatte dagli Estensi a privati cittadini, notizie di giacimenti e relazioni di scavi redatte per lo più da sovraintendenti ducali, descrizioni particolareggiate delle zone, dettagli sulla consistenza e la qualità dei minerali scavati, note di pagamenti di minatori, tecnici, ecc...

L'11 giugno 1343 Guglielmo del fu Matteo da Montecuccolo stipulò un contratto con alcuni operai in cui si legge:

"In venis inventis et que inveniri vel reperiri in terris Medole et Bochaxoli, ex quibus aurum, argentum, ramun, stagnum, plumbum, ferrum vel aliquod metallorum de predictis haberi, percipi et extrahi poterit.".

(Dalle vene metallifere che potranno essere trovate o reperite nelle terre di Medola e Boccassuolo potrà essere estratto e posseduto oro, argento, rame, stagno, piombo, ferro o qualsiasi composto dei predetti metalli.).

Nel 1458 viene data notizia dal Duca Ercole I di ritrovamenti di rame fatti da Francesco da Ravenna a M. Modino.

Trascorrono poi 150 anni senza notizie sulle miniere della Val Dragone finchè il 10 luglio 1631 il Conte Jacopo Bertocchi, sovraintendente ducale, scrive al Duca Francesco I di una miniera di rame a M. Modino. Visti i discreti risultati vennero chiamati dei 'metallieri' tedeschi o 'mineristi' la cui opera non approdò a notevoli risultati. Nel 1633 il lavoro a M. Modino langue. I lavoratori tedeschi sono malvisti e per di più c'è stata una frana. Verso la fine del secolo il consiglio delle miniere di Hannover chiamato a giudicare i metalli delle miniere di Frassinoro e Medola si pronuncia in data 16 febbraio 1698 in modo favorevole ai risultati degli scavi. Dichiara inoltre la propia incompetenza a giudicare se "quel foco che brucia da per sè" (i fuochi di Sassatella provocati da fuoriuscita di gas metano sui quali si arguisce fosse stato chiesto un giudizio) "possa servire ad arrostire le miniere di rame, perchè sconosciuto".

Da Medola Matteo Nardi il 12 settembre 1699 inviava al Duca Rinaldo I uno schizzo della zona delle miniere segnando sul versante di Boccassuolo e Toggiano numerose cave. E' un disegno di grande interesse perchè indica anche la zona che ultimamente venne saggiata tra 1940 e il 1942.

Il fervore della ricerca mineraria nel ducato Estense doveva essere considerevole se nel 1740 venne fondata la Società delle Miniere con numerosi sottoscrizioni ed azioni da lire modenesi 600 ciascuna. Bisogna dire che le miniere del Val Dragone erano le più modeste di contro a quelle della Garfagnana che comprendevano anche marmi. La Società non ebbe lunga vita e fu sciolta nel 1742.

Nel 1752 il Governatore di Sestola cita le miniere di Vestole (Sassatella), di Lago e della Pieve di Renno.

In data 30 novembre 1758 in una relazione del tribunale camerale al Duca Francesco III circa la domanda del Marchese di Montecuccolo del 1756 di scavar miniere nella Provincia del Frignano si ricorda che "tre sono le miniere di rame finora trovatesi: la prima in luogo detto Vesale, la seconda in luogo denominato Renno, la terza in sito denominato Lago o di Toggiano".

Dopo il 1788 le carte dell'archivio tacciono: la scienza mineralogica fatta più adulta lasciò cadere l'idea di estrarre il rame dalle ofioliti diabiasiche di Val Dragone, in quanto non remunerativo e abbandonò il sogno di poter trovare l'oro (1849).

C'è ancora a Boccassuolo chi ricorda i propri nonni e bisnonni narrare che alle Macinelle (i fatti risalirebbero al 1700-1800) stanziavano responsabili austriaci, dirigenti dei lavori nelle miniere. Le miniere davano da lavorare a molte persone delle Macinelle, Vetta e Boccassuolo. Questi dirigenti vissero, per un certo periodo, anche nella canonica (allora alla Chiesa vecchia), poi a Palagano, in località Monticello, dove costruirono le prime case. Gli austriaci con probabilità si inserirono bene tra la nostra popolazione se la sera recitavano il Rosario assieme agli abitanti delle Macinelle i quali impararono anche alcune preghiere in tedesco, oltre ad altre parole. Ai Casoni forse era stata costruita una fonderia per il materiale estratto. Si dice che il termine casoni derivi appunto da grosse case adibite a fonderia.

Su Il Montanaro del gennaio 1884 (periodico di Pievepelago) in un articolo di chiaro tenore scherzoso dal titolo: "I tesori sotterranei della nostra montagna", in cui si insegnava come arricchirsi ricercando i tesori sotteranei della nostra montagna, si legge:

"Varcate il monte di S. Andrea e giù dall'altra parte fino a monte Modino, non il nostro ma quello che sorge nelle vicinanze di Boccasuolo: osservate attentamente le spalle di quell'altura e vi si mostreranno parecchie vene metalliche di rame, e più verso mezzodì una gran quantità di cobalto il quale alla sua volta contiene considerevole porzione d'argento, segno manifesto ch'ivi esiste una miniera argentifera. "Questa è buona!!" esclamerete a questo punto; ma non la migliore aggiungo io, perchè se correte all'altra ripa del Dragone, proprio sovra lo scoglio chiamato Sassobecco, vi scoprirete certo rame esternamente coperto di una patina che nel verde inclina al ceruleo: ebbene questo rame è frammischiato a bellissimi cristalli e smeraldi con macchie d'oro!

Le richezze di questa località erano conosciute fino da oltre cinque secoli addietro; infatti nell'Archivio di Stato di Modena esiste un contratto dell'anno 1343 relativo a vene metallifere trovate e da trovarsi nelle terre di Medolla e Boccasuolo tra Guglielmo del fu Matteo di Montecuccolo ed alcuni operai.

Ivi appariscono tuttavia i segni di una cava ricominciata verso la fine del secolo XVIII, poi ben presto abbandonata, non già per difetto di metallo, ma perchè gli escavatori che erano forestieri si disgustarono col frate che li dirigeva e piantarono lì baracca e burattini.".

In taluni non è mancato neanche di recente il convincimento che qualche utile potesse trarsi dalle ofioliti dei Cinghi dove si lavorò anche negli anni '40.

Oggi ai Cinghi di Boccassuolo verso la località di Toggiano fra boschi di querciolo e scoscesi dirupi si aprono ancora alcune bocche di miniere in uno scenario di fiaba. Nell'interno di esse, sulle ofioliti diabiasiche brillano modesti minerali di pirite e calcopirite, qualche cristallo di quarzo e tracce di blenda, come gli esami di laboratorio hanno dimostrato.


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