La fola du luv e la vuipa (la favola del lupo e della volpe)


 

 

 

Una domenica mattina u luv e la vuipa (il lupo e la volpe) partirono presto da casa loro, da e Burell du luv, e piano piano scesero fino a Ca’ d’Butega.

Quando arrivarono, la Cunsiglia e Delelmo, marito e moglie, erano appena partiti per andare alla messa a Boccassuolo. Il lupo e la volpe ebbero così tutto il tempo per entrare attraverso un finestrino in de tùvadell (la cantina) dove c’erano i formaggi, i bašlott (grandi catini) del latte, per far affiorare la panna per poi fare il burro, alcuni salami e una sùngia. Il lupo e la volpe affamati si misero a mangiare e bere tutto questo ben di Dio.

La volpe ogni tanto andava a provare se con la pancia passava ancora dal finestrino, mentre il lupo, ingordo, pensava solo a mangiare e a bere.

Quando la volpe si accorse che il finestrino le andava stretto uscì mentre il lupo, imperterrito, continuò ad ingozzarsi. Quando fu satollo provò ad uscire, ma non ci passava più; si mise allora a dormire in un angolo in de tùvadell. Nel dormire il lupo, che aveva decisamente mangiato troppo, sornocchiava (russava) sonoramente e ogni tanto per il troppo latte bevuto faceva anche delle loffe (flatulenze).

Finita la messa Delelmo e la Consiglia tornarono a casa. Arrivati Delelmo disse alla Consiglia: "Va in de tùvadell a tër un furmaje che a fomma 'na pulentina" (vai in cantina a prendere il formaggio che ci facciamo una polentina) "tanto io vado a riempire il paiolo alla fontana".

La Consiglia appena aprì la porta vide il lupo che sornocchiava, tornò indietro e chiamò Delelmo. Delelmo prese la canella (mattarello allungato per tirare la sfoglia), ed entrò nella cantina, e, tra l’odore di lupo e quello di formaggio, iniziò a menare "canellate" a destra e a manca.

Il lupo sorpreso nel sonno le prendeva tutte e in tutte le direzioni, tanto che dopo pochi minuti era stanco di prenderle, ma Delemo ancora menava. Il lupo cercava di raggiungere il famoso finestrino, ma, a causa della pancia troppo grossa non riusciva ad uscire. Ormai disperato mise la testa fuori dal finestrino, ma rimaneva all’interno e cùl (sedere), e Delelmo prese la šbercùrsa (rincorsa) e assestò un poderoso calcio in te cùl: il lupo fu sparato fuori dalla cantina.

Il lupo con le terga doloranti e la pancia tutta pesta, si avviò mogio mogio verso casa. Strada facendo incontrò la volpe. Questa era andata nel frattempo ai Casoni ed aveva rubato e mangiato una gallina a Lino. Per far credere che era stata maltrattata si era messa le budella della gallina attorno al collo. Quando il lupo la vide, tutto šaicchiante (guaiendo dal dolore) le raccontò le proprie avventure; di risposta la volpe le disse che questo era niente, perchè lei, aveva preso tante botte che le avevano persino messo le budella al collo...

I due lamentandosi si avviarono verso e Burell di Luv, casa loro, passando da Bramo della Ca’ Nova. Si fermarono a salutarlo in quanto era molto amico della volpe e poi avevano entrambi i capelli rossi. Bramo fu molto contento della visita, e sapendo delle peripezie del lupo propose di lenire i suoi dolori applicando una famosa legge della fisica la quale stabilisce che se ad una forza se ne contrappone una uguale ma di senso contraria le due forze si annullano. Fece quindi salire il lupo su un bancone da falegname e chiese dove avesse preso le botte. Il lupo rispose: "Sulla schiena". Bramo lo fece allora sdraiare a pancia in su, e cominciò con una tavola a ribattergli le botte di Delelmo. Il lupo che credeva nella fisica disse che in teoria tutto era giusto, ma in pratica gli faceva un po' male l’umbrigul (ombellico) quidi pregò, ringraziò, supplicò di smettere, perchè si sentiva già molto meglio.

Bramo smise, li salutò, i due si incamminarono di nuovo.

Quando passarona da Ca’ d’Tugnun videro Dulfun che provava una delle sue parti da buffone nel maggio, ma al lupo non veniva da ridere, mentre la volpe rideva sotto i baffi.

Arrivarono alle Macinelle dove inizia la salida de Beršian (la salita del "Bersciano"). La volpe, furba disse: "Lupo lasciami morire qui, io non riesco ad affrontare questa salita". Il lupo si offrì di portare la volpe sulle spalle. Se la caricò in groppa e guaiendo per le botte ricevute affrontò la salita.

Mentre faticosamente saliva, la volpe di mise a salmodiare: "ni nan ni nan e malaa e porta u san su per la cošta del Beršian" che tradotto suona così "ninna nanna ninna nanna il malato porta il sano su per la salita del Bersciano". Il lupo, tutto sudato, chiese alla volpe cosa dicesse, e lei: "Sto dicendo le orazioni perchè sento che si sta avvicinando l’ora della mia morte". Il lupo annuì ma chiese ancora: "Ma non è che mi stai prendendo in giro?". "Mai", rispose la volpe e continuò con ni nan ni nan e malaa e porta u san su per la cošta del Beršian.

Quando Dio volle arrivarono vicino alla Ca’. Qui c’era un bel butacje (sbarramento delle acque che serviva da diga per far girare il ruotone del mulino di quelli dalla Ca’).

La volpe disse che non ne poteva più dalla sete e che doveva bere assolutamente. Il livello dell’acqua, però, era un po’ basso, quidi chiese al lupo di prendergli la coda in bocca, di calarla nel pozzo affinchè potesse dissetarsi. Quando aveva bevuto abbastanza avrebbe detto: "Plaff". Il lupo fece come la volpe aveva detto e quando sentì: "Plaff" la tirò su.

Adesso era il turno del lupo. Mise la coda in bocca alla volpe, si calò nel pozzo e quando fu satollo disse: "Plaff", la volpe invece di farlo risalire gli rispose: "Per la cua at laš" (ti lascio andare per la coda).

Il povero lupo che non sapeva nuotare cominciò ad annaspare e con la forza della disperazione riuscì a mandenersi a galla (anche perchè aveva bevuto quasi tutta l’acqua). Per fortuna che Italo dalla Ca’ stava andando all’acqua cun e baggiul (asta di legno leggermente ricurva alle cui estremità erano fissati mediante ganci i calcedre - secchi in rame usati esclusivamente per l’acqua da bere). Quando arrivò in prossimità de butaccje legò il secchio e lo lanciò dentro perchè si riempisse. La secchiata colpì il lupo sul canino sinistro ma riuscì ugualmente ad aggrapparsi al secchio e a farsi tirare fuori. Italo imprecava dicendo che l’acqua pesava troppo, ma quando vide che aveva recuperato il lupo tutto gonfio, bagnato e spettinato, comincio a colpirlo con e baggiul. Il lupo, pazientemente, le prese tutte.

Ormai, poveretto, non aveva più un osso che non gli facesse male, ma rassegnato riprese la strada de Burell du luv. Quando fu sul Balzone cominciò a sentire un profumo di tortellacci (ravioli con la puvina - ricotta - e le bietole) che una volta si facevano cun i farinaccie (erba che nasceva nel Campalavia), e man mano che si avvicinava la casa il profumo si vaceva più intenso. Quando arrivò sotto la casa della volpe le chiese se quelli che aveva fatto erano veramente i tortellacci ed avendo avuto risposta positiva, chiese se poteva salire in casa a mangiarne un po’.

La volpe rispose: "Se ti faccio salire in casa puoi anche mangiarmi, per lo scherzetto che ti ho fatto alla Ca’, però io sono generosa e ti darò da mangiare attraverso il buco del lavandino" Dovete sapere che una volta lo scarico dei lavandino non andava nelle fognature (perchè non c’erano) ma scendeva liberamente nella parte sottostante della casa. La volpe disse al lupo di mettersi con la bocca aperta sotto il buco del lavandino e lei avrebbe mandato giu i tortellacci.

Invece, cosa fece? Scolò i tortellacci nello scolapasta, recuperò l’acqua, la rimise sul fuoco e la riportò a bollire. Chiamò il lupo gli disse di mettersi a bocca aperta sotto il buco del lavandino quindi versò tutta l’acqua bollente dentro la gola del povero lupo. Questi venne operato istantaneamente dalle tonsille e dalle adenoidi e se passate da e Burell du luv lo sentite ancora addesso ululare...