la Luna nuova |
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Editoriali&Terza pagina
Raccolta degli editoriali e della rubrica "Senz'offesa" pubblicati sul periodico
la Luna nuova - Marzo 200 6 |
Editoriale |
Tempo:
limite o risorsa?
di
Monia Spattini
Chiudi gli occhi e pensa al tempo.
Ognuno di noi immaginerà qualcosa di diverso…
Il tempo atmosferico, il tempo passato, l’orologio che misura il tempo, Kronos
il dio del tempo, il tempo lavorato, il tempo “libero”, qualcuno si
chiederà…”come si fa a pensare al tempo?”. Già come immaginare qualcosa che non
esiste… qualcosa che lo stesso S. Agostino definì: “Che cos’è il tempo? Se non
me lo chiedono, io lo so; ma se me lo chiedono, io lo ignoro”.
Il tempo: una risorsa inestimabile a volte vissuto come un limite, dipende dal
“filtro” che usiamo per vedere il mondo, e la nostra vita.
Spesso è considerato alla stregua di qualcosa che ha valore perché monetizzabile
e mercificabile. Qualcosa d’inesistente ma misurabile. A volte la consapevolezza
della sua importanza piomba nella vita delle persone nel momento in cui diventa
qualcosa di finito. Un tempo assoluto con dei confini.
È il confine che ne determina la sua importanza.
Oggetto di desiderio e di studio di sociologi e filosofi è stato considerato
come potenzialità di ciò che si può fare in esso piuttosto che con esso.
Il linguaggio lo descrive come qualcosa che passa e che si può perdere o
guadagnare, diventa libero, se si riesce a concentrare il tempo lavorato.
Non si può risparmiare, perché non si può fermare, il tempo non vissuto si perde
improrogabilmente.
Il tempo è immerso nel tempo. Non può correre o fuggire, non c’è nessuno che lo
insegue, se non la nostra irrefrenabile voglia di vita.
E’ il tempo che dedichiamo alle persone che amiamo a renderle così importanti.
Chi vorrebbe dividere questo grande tesoro con estranei? Perderlo per inutili
discussioni quando potremmo impiegarlo in dichiarazioni d’amicizia di gioia e di
vita. Non sta a me risolvere l’enigma, se di questo si tratta.
Preferisco associarmi alle parole di Seneca, che secoli fa scrisse: “Mi fa
sempre meraviglia vedere alcuni chiedere tempo e chi ne è richiesto così
arrendevole; l'uno e l'altro guarda allo scopo per cui si chiede il tempo,
nessuno dei due al tempo in sé: lo si chiede come fosse niente, si dà come fosse
niente. Si gioca con la cosa più preziosa di tutte. Non ne hanno coscienza,
perché è immateriale, perché non cade sotto gli occhi, e perciò è valutata
pochissimo, anzi non ha quasi prezzo.
Assegni annuali, donativi gli uomini li ricevono come tesori e nel procurarseli
impiegano le loro fatiche, il loro lavoro, la loro solerzia: nessuno dà valore
al tempo; ne usano senza risparmio, come fosse gratis.
Ma vedili quando sono ammalati, se incombe pericolo di morte, toccare le
ginocchia dei medici; se temono la pena capitale, pronti a sborsare tutto quello
che hanno pur di vivere: tanto sono discordi i loro sentimenti. Che se fosse
possibile ad ognuno aver dinanzi agli occhi il numero degli anni futuri, al pari
dei passati, come sbigottirebbe chi ne vedesse avanzare pochi, come ne farebbe
economia!
Eppure è facile amministrare ciò che è sicuro, per quanto esiguo; si deve
custodire con maggior cura ciò che non sai quando verrà a mancare. E tuttavia
non credere che ignorino che cosa preziosa sia: a quelli che amano di più
ripetono di essere pronti a dare parte dei propri anni. Li danno senza
rendersene conto: li danno in modo di toglierli a sé senza accrescerli a loro.
Ma non sanno neppure se li tolgono: perciò gli è sopportabile una perdita che è
un danno inavvertito.
Nessuno ti renderà gli anni, nessuno ti restituirà a te stesso; andrà il tempo
della vita per la via intrapresa e non tornerà indietro né arresterà il suo
corso; non farà rumore, non darà segno della sua velocità: scorrerà in silenzio;
non si allungherà per editto di re o favore di popolo; correrà come è partito
dal primo giorno, non farà mai fermate, mai soste.
Che avverrà? Tu sei affaccendato, la vita si affretta: e intanto sarà lì la
morte, per la quale, voglia o no, devi aver tempo.”.
Ed ora libera la tua creatività: scrivi cos’è per te il tempo.
Terza pagina |
La politica
"Riflessione" di
Ugo Preti
Me sol a seinter la parola
“politica” am vin tót i mèl ados. A sun alérgich a la politica, e sol a
parlèren am vin in dla véta dal vulâdghi come s'a i'avésa fat
indigestioun ed fravli. Oh, ménga che mè am n'intànda, ma a so per
esperieinza che quand as perla ed politica a va seimper a finir ch'as
litiga, e quand in un lavour, cla bestia lè, la vol màter al sô zampèin,
cal lavour ed sicur al va a finir mel. Adesa, infati, che la politica la
gh'eintra dapertót as vàd che al cosi al van tóti a l'arvérsa. Ma dato
ch'la ghè e, a sàmbra ch'an s'in posa fer a meno, bisègna soporterla e
tirer avanti. Mo l'è seimper stèda acsè, saviv? Al veterinari, desprê, dop
averli pruvèdi tóti, al cunsiglia al cuntadein ed manderel a Ràma a la
Cambra, al dis: “Là i magnen tót, et vedrê che quand al vad al boun
eseimpi as màt a magner anca ló”. Al countadein al próva anch st'esperimèint;
dap 'na stmana al torna, avilî come un quai, dal veterinari: ”Dutór sâl
cs'è sucès? Làlor i m'àn magnê anch al caval!”. Mo i èin cosi ch'is
còunten acsè, per rédere per an pensèr che al tasi a i pagàm nueter. |
A me solo a sentire la parola
“politica” vengono tutti i mali addosso. Sono allergico alla politica, e
solo a parlarne mi vengono sulla pelle delle macchie come se avessi
fatto indigestione di fragole. Oh, mica che me ne intenda, ma so, per
esperienza, che quando si parla di politica, va sempre a finire che si
litiga, e quando in un lavoro, quella bestia lì, ci vuole mettere il suo
zampino, quel lavoro, di sicuro, va a finire male. Adesso, infatti, che
la politica entra dappertutto, si vede che le cose vanno tutte a
rovescio. Ma dato che c'é e, sembra che non se ne possa fare a meno,
bisogna sopportarla e tirare avanti. Ora, è sempre stata così, sapete?
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Ugo Preti, modenese doc, è stato uno dei personaggi che meglio hanno descritto i vizi pubblici e le virtù private dei suoi concittadini. Nato nel 1921, ha gestito per quarant’anni, in corso Duomo, un negozio di abbigliamento. Lo si potrebbe definire commerciante per hobby, scrittore per passione. Nei tanti libri che ha pubblicato ha raccontato in chiave satirica, da solo o a quattro mani, la sfaccettata realtà cittadina, interpretando anche famosi monologhi. Ugo Preti ha scritto in lingua e in dialetto, privilegiando quest'ultimo, interessandosi anche di teatro e gastronomia; è morto nel 1989.