Scrivere



 La ballata della Valle  


 

 

 

XVIII


Pubblicata su la luna nuova - Aprile 2011 - Num. 36

 

 

Cugina di mia madre e di mia zia

Marasti Anita da Casa Scagnolo

donna più dolce penso non ci sia

pel lavoro, lo spirito, e non solo

al Bambinello innamorata e pia

chiamò neonati da Dragone e Dolo

Consorella fedele, spesso al tempio

testimoniò l'amore con l'esempio!

Marasti Anita (1915-2008).

Nasce a "Toggiano" da famiglia numerosa, cinque figli; il padre, che aveva prestato servizio nell'esercito, pratica una medicina "empirica" usando erbe e rimedi della tradizione e, inoltre, si specializza nell'estrazione dei denti, attività che la figlia praticherà anche negli anni del dopoguerra.

Dopo gli anni dell'adolescenza ed il trasferimento della famiglia a "Casa Scagnolo", poiché i fratelli erano tutti in giro per il mondo, Anita diventa l'"uomo di casa" accudendo sia alle attività familiari di Palagano, sia al podere di Bastiglia nel modenese.

Il nonno paterno, Marasti Domenico, medico, acquistando la "Corte di Casa Scagnolo" aveva anche acquistato l'antico Oratorio di San Geminiano posto all'interno della corte medesima ove ogni anno alla ricorrenza del Santo si celebra la S. Messa. Anni addietro, nel mese di febbraio, si celebrava nella piccola chiesa l' "Ottava di San Geminiano" di cui i palaganesi erano molto devoti.

Sposatasi con Galvani Celso, nel 1964 rilevò il negozio di alimentari già di Ori Mario, gestendolo poi coi figli Cleto e Maria Rosa che tuttora continuano l'attività.

Complice una giovane maestra che insegnava a Savoniero, Anita fin da giovanissima prende grande devozione per Gesù Bambino, dedicandosi per tanti anni a tutti i bambini della vallata; annualmente i neonati venivano iscritti alla "Pia Unione di Gesù Bambino" con la consegna di un'immagine e di una medaglietta; diverse gite ad Arenzano hanno coinvolto piccoli e adulti.

Nel 2003 un Padre del Santuario di Praga inviò ad Anita una lettera di encomio e diverse immagini per la meritoria attività di propaganda.

Lama di Monchio, Vivaldo Ferrari

una casetta nel prato, fra i noci

e qui i ricordi più dolci che amari

salendo ai "Lagoni" da vecchi soci

famiglia e lavoro: concetti chiari

con me e Liberio nell'orto a far voci

giovane ancor purtroppo ci ha lasciato

il grande vuoto non ho ancor colmato!

Ferrari Vivaldo (1927-2003).

Nasce a Lama di Monchio nella vecchia casa dei nonni, poi bruciata negli eventi del marzo 1944. Dopo le scuole aiuta in famiglia e col padre, nel frattempo rientrato dall'America, acquista e conduce un podere a Polinago. Nel 1956 sposa Piacentini Annunziata (Tina), che gli darà due figli, Stefano e Francesca, entrambi laureati, e si stabilisce nell'appartamento del Capoluogo.

Appassionato ed intenditore di piante da frutto e orticoltura, nel 1965, ristrutturata la casetta di Lama, inizia a mettere a dimora moltissime piante di noce, sia lungo la provinciale, sia al castagneto dei "Lagoni" a monte.

Negli anni '60 inizia l'attività di "Collocatore comunale", prima nella sede staccata di Lama, quindi negli uffici di Lama Mocogno, Polinago, Montefiorino e Palagano.

Appassionato di filatelia raccoglie francobolli italiani che dispone in "singoli", "doppie" e "quartine" per una collezione a regola d'arte.

Dai primi anni '80 ha avuto inizio l'amicizia con lui e con Facchini Liberio perché entrambi, a Lama, conducevano orti bellissimi quasi in competizione; Vivaldo era generoso con tutti regalando noci, castagne, marroni e tanta verdura dell'orto, ma era geloso delle piante di noci che ogni autunno custodiva con tutori per salvarle dalla neve pesante dell'inverno.

Nel 1980 era stato colpito da infarto, ma continuava a dedicarsi con passione alla sua campagna, salendo ai Lagoni col trattore. Quando scendevamo a piedi per via le Serre dopo un temporale, con la zappa o con lo stivale, liberava i ruscelli d'acqua verso le cunette a lato strada, dimostrando grande amore all'ambiente e alla natura.

"Ignazi da San Steven", l'ingegnere

lavorava a Milano alla "Marelli"

rientrato al paesello con piacere

fece un albergo, allora, fra i più belli

d'ottime iniziative ebbe dovere

e al Municipio progettò i cancelli

per Palagano tanto s'é adoprato

che al suo nome il teatro è titolato

Ranucci Ignazio (1924-2000)

Nato a Santo Stefano di Palagano, unico figlio maschio con quattro sorelle, il padre Pietro ha un piccolo laboratorio di falegname. Dopo le elementari frequenta il liceo presso il collegio Sacro Cuore di Modena, quindi inizia l'università a Bologna ove nel 1955 conseguirà la laurea in Ingegneria Meccanica.

Negli anni 1942/1944, costretto ad interrompere gli studi, si unisce ai gruppi partigiani locali partecipando a diverse azioni; per questa attività partigiana gli verrà conferita la "Croce al Merito di Guerra" il 3/6/1952 in Bologna.

Negli anni dal 1955 al 1977 lavora in qualità di ingegnere alla "Magneti Marelli", rientrando però spesso al paesello per partecipare attivamente alla vita sociale, politica e culturale di Palagano.

Nel 1963 inizia la progettazione e la costruzione di un nuovo albergo che verrà chiamato "Albergo Dragone"; aperto nel 1968 con la gestione della sorella Cristina, la conduzione familiare andrà fino al 1990. Negli anni '50 assieme all'Arciprete Don Galloni ed ad alcuni altri volonterosi pensò di realizzare il cinema-teatro; costituita la Società "Viribus Unitis" progettò la costruzione e coordinò diversi muratori che prestarono la loro opera quali azionisti; il terreno venne ceduto dall'azionista Ricchi Paolo: il cinema-teatro sarà poi giustamente intitolato a suo nome.

Dagli anni '70 fino alla morte Ignazio svolge attività di progettista ed è componente stabile della Commissione Edilizia; fra diversi progetti ricordiamo l'Albergo Dragone, il nuovo Istituto delle Suore, il Municipio e tanti altri edifici rurali e civili.

Aveva la villetta in Via Toggiano

il Segretario Renzo Molinari

col Sindaco Casini piano piano

avviò il "governo" con pochi denari

per il campetto dette buona mano

e s'adoprò con gli altri volontari

Nel coro sua famiglia mise in vista

col figlio Giorgio grande musicista.

Molinari Renzo (1920-1989)

Originario di Ravarino, dopo le scuole elementari entra in Seminario a Modena ove rimane fino al conseguimento della maturità classica; iscrittosi alla facoltà di farmacia, dopo un biennio lascia l'università essendoglisi aperta la carriera di Segretario Comunale. Sposatosi nel frattempo con Livia, avranno cinque figli: Lucia, Giorgio, Caterina, Angela e Cecilia.

Ebbe il primo incarico di Segretario Comunale a Frassinoro, poi a Trarego Viggiona (Novara), quindi a Ligonchio e Busana nel reggiano ed approdò a Palagano l'8 novembre 1958, allorché il Comune era retto dal Commissario Prefettizio Dott. Remo Cappellini col quale Molinari preparò le prime elezioni Amministrative che avrebbero avuto luogo l'8 giugno 1959 con l'elezione a Sindaco di Viterbo Casini.

Quasi nessuno lo chiamava per nome, era per tutti "il segretario"; infatti Molinari entrò subito in sintonia con Palagano tanto che, in breve, realizzò la costruzione di una propria villetta nella zona delle scuole, villetta che abitò con la famiglia fino al dicembre 1966 quando fu destinato al servizio presso il Comune di Spilamberto.

Lavoratore instancabile e scrupoloso dette indubbiamente una grossa mano alla neoeletta amministrazione di Casini, improntando la gestione della cosa pubblica all'economia e al buon senso.

Partecipando sempre alla vita civile di Palagano, si impegnò per la realizzazione del primo campetto di pallavolo ove furono memorabili le sue "schiacciate".

Fece parte attiva della Corale di Palagano cui partecipava con le figlie e il figlio Giorgio, poi divenuto ottimo musicista e direttore di coro.

Moltissimi palaganesi lo ricordano con affetto e qualcuno, non più giovane, ricorda la sua bocciata a biliardo al grido di: "Sasso!".