Palagano

 

 

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La fonte bibliografica principale è: "INSEDIAMENTO STORICO E BENI CULTURALI - ALTA VALLE DEL SECCHIA - comuni di Frassinoro, Montefiorino, Palagano, Prignano" - Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, Amministrazione Provinciale di Modena - 1981).

 

Il testo è  stato pubblicato nel 1981 in seguito ad una importante ricerca storico-fotografica condotta in quegli anni. Può essere che parte dei reperti storicamente significativi segnalati nelle diverse schede delle località siano scomparsi, distrutti, riutilizzati. Almeno ne resta una memoria scritta.


Storia  |  Oratorio del Carmine  |  Chiesa parrocchiale  |  Campanile  |  Monastero  delle suore francescane  |  Palazzo Mosti-Este  |  Palazzo Sabbattini (Pierotti)  |  Aravecchia  |  Casa Bogo  |  Casa Bonchio  |  Il Borello  |  Casa Buratta  |  Casina  |  Casa Cinque  |  Casa Corradina  |  Casa Costri  |  Mulino del diavolo  |  Le Lame  |  La Loggia  |  Macampori 


 

Storia

 

Il nome Palagano si fa derivare comunemente dal latino "palaga", che significa "pepita d’oro". Probabilmente nessuno ha mai trovato frammenti del prezioso metallo a Palagano, come nel resto della Val Dragone, ma qualche cristallo di pirite vi è sicuramente affiorato e lo splendente color dell’oro di questo composto di zolfo e ferro può avere "cagionato illusioni facili a comprendersi", come scrisse a suo tempo Tito Bentivoglio illustrando la mineralogia della vallata, che rendono conto del particolarissimo toponimo. Niente oro, dunque, ma rame sì, seppure in minima quantità, sufficiente tuttavia perché si favoleggi che le campane di Cargedolo furono fuse con rame nativo locale. Meno scarsi sono calcopirite, solfuri di rame e ferro, e in passato si eseguirono nella zona, a Toggiano, verso il fiume, e in quel di Boccassuolo, scavi sistematici per la loro estrazione; i risultati furono però deludenti e i lavori vennero presto interrotti. La località è citata per la prima volta in un rogito del 1144, relativo all’acquisto di beni del monastero di Marola posti nella montagna modenese da parte dei Da Baiso. A quel tempo Palagano era uno dei più popolosi villaggi della "corte" di Medola, nelle Terre della Badia. Dopo la dedizione ai modenesi si costituì in comune autonomo, che nel 1197 figurava fra i principali della Comunanza dell’Abbadia, retto da ben 5 consoli e con almeno 61 famiglie. Dopo il declino del monastero di Frassinoro, passò con il restante territorio della sponda destra del Dragone sotto il controllo diretto dei modenesi; fu soggetto sucessivamente ai conti di Gombola e dal 1321 fece parte del feudo di Medola, signoreggiato dai Montecuccoli. Nel 1534 Alfonso I d’Este ne investì i Mosti di Ferrara, che lo tennero con il nome di contea di Rancidoro per 240 anni, fino all’estinzione della casata nel 1774. Dopo essere passata dopo alcuni anni alle dipendenze della Camera ducale estense, nel 1741 la contea, e Palagano con essa, passarono ai Sabbatini di Fanano, sotto ai quali rimase fino alla Rivoluzione francese e alla soppressione dei privilegi feudali.

Nel XII secolo Palagano vantava 3 distinte chiese. Una, dedicata a Santo Stefano e soggetta alla Pieve di Santa Giulia dei Monti, sorgeva nella omonima borgata, a levante dell’abitato; una seconda, che aveva il titolo di San Lorenzo e dipendeva dalla pieve di Rubbiano era ubicata sul poggio a settentrione della borgata detta il "Borello"; la terza dedicata a San Giovanni Evangelista e dipendente essa pure da Rubbiano era ed è tutt’ora la parrocchiale.Nella seconda metà del cinquecento le prime due, con i loro beni e le rendite annesse, risultavano incorporate in quest’ultima, come semplici oratori. Quello di San Lorenzo era ancora ufficiato nel settecento, quando l’altro di Santo Stefano era ormai sconsacrato. Di entrambi non è rimasta oggi alcuna traccia. Anche di un più tardo oratorio, dedicato a Santa Lucia e sorto in località Monte, restano soltanto poche macerie. Sopravvivono, invece, il settecentesco oratorio di San Geminiano, nel sobborgo di Cà di Scagnolo, è l’altro di San Rocco, a Raggiola, lungo la via per Boccassuolo eretto in occasione della peste del 1630.

 

 

 

 

 

Oratorio del Carmine

 

L’oratorio della Madonna del Carmine, detto anche "della Croce", venne eretto nel 1667 nell’aria dell’antico cimitero di fronte al campanile; fu trasportato nella posizione attuale, con lo smontaggio e il rimontaggio di ogni singolo elemento, all’inizio del '900 secolo, durante un rifacimento della rete viaria del paese. La semplice facciata a capanna, in pietra locale, è aperta in alto da una monofora elissoidale e in basso da una trifora; al centro è visibile lo stemma, scolpito a basso rilievo, coi gigli, la mezzaluna e due aquile coronate, fattovi murare dai Sabbatini. Il portichetto, a tre arcate a tutto sesto, fu costruito nel 1721 su colonne monolitiche in arenaria con capitelli arcaicizzati di tipo ionico, e con chiavi di volta decorate. All’interno, a navata unica, con presbiterio delimitato da quattro lesene, si conserva una tela seicentesca di scuola emiliana raffigurante la Madonna col Bambino ed un capitello in marmo databile all’XI secolo e forse proveniente dall’abbazia di Frassinoro.

 

 

 

 

 

Chiesa parrocchiale

 

La parrocchiale di S. Giovanni evangelista documentata dal 1146, è stata più volte riedificata. Le attuali forme neoclassiche, a tre navate, con alta cupola centrale, sono frutto di un rifacimento del 1897. All’interno nella prima cappella di destra, è un’ancona seicentesca di legno dorato e dipinto con tela coeva raffigurante la Madonna del Rosario.

Nella sacrestia si conservano alcuni preziosi arredi sacri d’epoca rinascimentale: un vassoio per l’elemosine di manifattura nordica, un calice datado 1587 ed una croce astile del primo Cinquecento.

 

 

 

 

 

Campanile

 

La torre campanaria che sorge isolata a poca distanza dalla chiesa risale al 1776.

 

 

 

 

 

 

Monastero delle Suore francescane

 

Adiacente alla chiesa è il monastero delle suore francescane. Fondato nel 1600 e dotato nel 1721 di una cappella dedicata a S. Francesco fu soppresso nel 1810 ma ripristinato nel 1878. Gli edifici che occupa attualmente appartengono per lo più ad un rifacimento moderno.

 

 

 

 

 

 

Palazzo Mosti-Este

 

Dei conti Mosti-Este, che furono i signori del feudo di Rancidoro e Medola, comprendente anche Palagano e buona parte del attuale territorio comunale, a partire dal XVI fino al XVII secolo, rimane a Palagano il loro palazzo feudale. Palazzo nel quale non risiedettero quasi mai, visto che di solito dimoravano a Ferrara, e nelle loro sporadiche apparizioni nella contea preferivano soggiornare nella rocca di Rancidoro.  Il palazzo anticamente era detto il Castellazzo, doveva sorgere sui ruderi di una antica fortificazione: furono infatti rinvenuti durante lavori di ristrutturazione resti di una torre dalle mura molto spesse. La vecchia residenza feudale ha subito rimaneggiamenti tra il XVII e il XIX secolo.

Di qualche interesse sono i mensoloni in arenaria che sostengono la gronda distribuiti lungo tutto il perimetro dell’edificio, e il portale seicentesco, anch’esso in arenaria, chiuso da battenti lignei elegantemente decorati. Vi è annesso un piccolo oratorio dedicato a S. Antonio.

 


 

 

 

 

Palazzo Sabbattini (Pierotti)

 

Imponente e particolare palazzo settecentesco che sorge a monte dell'abitato di Palagano, in posizione dominante. Fatto costruire dai Conti Sabbatini di Fanano nel 1741, quando Francesco III d’Este concesse la contea di Rancidoro al conte Alessandro Sabbatini, nipote di Giuliano Sabbatini allora vescovo di Apollonia e futuro vescovo di Modena (1743-1757), succedendo alla famiglia Mosti-Este, dopo un breve periodo in cui Rancidoro, e quindi anche Palagano, rimasero direttamente sotto la giurisdizione della Camera Ducale.

La particolarità di questo complesso edilizio, costituito da una residenza padronale e da due edifici laterali di servizio, uno adibito a scuderia e l’altro ad abitazione della servitù, è la completa assenza di angoli nella muratura sostituiti da pareti curvilinee. Dal portone centrale si accede ad un grande atrio da cui parte una elegante scala a due rampe che porta al piano superiore. In entrambi i piani a fianco dell’atrio centrale ci sono tre stanze per lato, al piano terra adibite a cucina e dispensa ed al piano superiore a camere da letto.

Finita l’era feudale, dopo varie vicende il palazzo venne acquistato dal dott. Francesco Pierotti di Pieve Fosciana, medico condotto di Palagano.

 

 

 

 

Aravecchia

 

Nel nucleo si nota in un fabbricato che ha subito pesanti trasformazioni un portale tardo-cinquecentesco a sesto acuto recante scolpito a bassorilievo, nella chiave d'arco, il simbolo dell'impresa del diamante.

 

 

 

 

Casa Bogo

 

L'antico edificio conserva la copertura a "piagne" ed una finestra tamponata con stipiti decorati a losanghe.

Il primo piano non è più abitato mentre il piano terra è adibito a stalla e ricovero attrezzi: fra i due vani è un portale a mensole convesse ed architrave triangolare recante inciso il simbolo della croce e la data 1448.

 

 

 

 

 

Casa Bonchio

 

Nel nucleo si ritrova un edificio rimaneggiato: il ballatoio ha quattro pilastrini in arenaria e sottostante voltone in pietrame.

In un altro fabbricato è reimpiegato come davanzale un frammento di architrave capovolto con pregevole bassorilievo raffigurante una croce tra due rose a sei punte e la data 1437.

 

 

 

 

 

Il Borello

 

Complesso abbandonato, già sede, sul vicino poggio, della Chiesa (ed annesso cimitero) di S. Lorenzo, ricordata nel secolo XIII fra le tre chiese di Palagano e dipendente dalla Pieve di Rubbiano.

Di tali edifici non restano tracce.

Durante lavori di scavo, alcuni decenni or sono, furono rinvenuti resti di sepolture tra cui ossa e lastre tombali.

L'impianto edilizio si presenta omogeneo. In alcuni edifici si notano portali architravati con la tipica zigrinatura  di cui uno datato 1788. Una finestra reca incisa la data 1800 in una cornice trilobata sull'architrave. Un portale tardo-settecentesco a tutto sesto ha un'ampia voluta, in parte rovinata nella chiave d'arco.

 

 

 

 

 

Casa Buratta

 

Complesso di edifici di cui uno presenta un portale databile al settecento con arco a tutto sesto e stipiti percorsi da una sottile incisione terminante in una voluta.

Sovrasta il portale una formella con iscrizione deteriorata.

 

 

 

 

 

Casina

 

Nel giuramento a Modena del 1197 compare un "Arduinus de Casina" e un "Paganinus de Caxina".

Il nucleo ha fabbricati completamente ristrutturati.

Un edificio conserva un ampio portale cinquecentesco con arco a tutto sesto costituito da conci scalpellinati. Un concio angolare reca scolpita a bassorilievo una figura antropomorfa.

Un altro edificio presenta una finestra con incisioni parallele nell'architrave e nel davanzale. E' affiancata da una feritoia quadrata monolitica.

 

 

 

 

 

Casa Cinque

 

Complesso a corte, ha subito interventi negli edifici che mantengono però inalterato l'impianto.

Un concio angolare reca scolpita la data 1569 accanto al simbolo di una croce.

Uno degli edifici presenta un'interessante mensolatura lignea di gronda a, accanto al portale, una ferritoia.

 

 

 

 

 

Casa Corradina

 

Un edificio presenta un portale datato 1872 ed una finestra con stipite costituito da architrave di recupero recante scolpito il monogramma di Cristo e la data 1775.

 

 

 

 

 

Casa Costri

 

L'edificio di maggior rilievo è una torre settecentesca la cui colombaia è decorata da una bifora monolitica poggiante sul cornicione da un rosone a ruota affiancato da due rosette e da ossa infisse nella muratura.

Su un altro lato si nota una finestrella monolitica con cornice interna.

Il portale d'accesso è a tutto sesto con chiave e cuspide; i conci d'angolo sono scolpiti con solchi paralleli e a lisca di pesce.

In un edificio adiacente si nota un portale inciso a solchi larghi, l'architrave reca una croce con una mezzaluna, la data 1516 e iscrizione in parte deteriorata.

L'architrave della finestra a fianco reca scolpita la data 1799.

In un altro fabbricato si nota una finestra con architrave decorato a losanghe e croce latina sovrastante la data 1780.

Sul parametro murario del corpo adiacente la torre sono da segnalare una finestrella monolitica a tutto sesto ed una finestra decorata a fasce parallele con architrave recante scolpito il simbolo della croce e una data deteriorata riferibile al secolo XVI.

 

 

 

 

Mulino del diavolo

 

I fabbricati rivestono notevole interesse tipologico e funzionale sia per la struttura paleoindustriale, sia per il tamponamento con lastre di arenaria nella struttura lignea del ballatorio e degli annessi rustici.

In particolare la colonna lignea che sostiene il centro del ballatoio è costituita da mozzi sovrapposti di pale in disuso.

 

 

 

 

 

Le Lame

 

Il toponimo indica luogo paludoso o franoso.

Nell'insediamento a corte sono da rilevare la casa padronale a tre piani, sette-ottocentesca coperta a lastre con finestre riquadrate d'arenaria ed un edificio con accesso al primo piano a mezzo di un passaggio sospeso collegato ad una balconata nel corpo di fabbrica prospicente.

 

 

 

 

 

La Loggia

 

L'insediamento rurale che delimita una corte lastricata presenta un edificio adibito a stalla e fienile con architrave decorato da due rose a sei punte, una meridiana e, al centro, un motivo a spina di pesce.

In un altro edificio è una singolare finestrella monolitica a forma triangolare.

 

 

 

 

 

 

Macampori

 

Nel giuramento al comune di Modena del 1197 fra i sottoscrittori, in Casola, uno è "di Campomori", forse l'odierna Macampori.

Complesso edilizio abbandonato più volte semidistrutti da incendi nel quale si notano tre portali sette-ottocenteschi dei quali uno presenta una singolare chiave d'arco incisa e datata 1801.

Interessante la finestra monolitica con foro circolare sotto la gronda e la figura antropomorfa collocata sul colmo del comignolo.

 

 


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