NOVECENTO


Condizioni di vita di inizio '900  |  Emigrazione  |  Il terremoto del 1920  |  La frana del 1939

 

 

 

Emigrato in Tunisia (inizio '900)

 

 

 

 

 

Condizioni di vita di inizio '900


Nei primi decenni del '900 Boccassuolo e le attuali frazioni del Comune di Palagano erano parte del Comune di Montefiorino. L'amministrazione comunale mostrava scarso impegno nel venire incontro alle molte necessità delle frazioni più lontane e si faceva viva soprattutto per la riscossione delle imposte e la consegna delle cartoline precetto.

Dopo la guerra del 1915-1918 vennero aperte in tutte le frazioni dell'Appennino scuole elementari. Le lezioni spesso si svolgevano in locali di fortuna messi a disposizione da privati o parroci e, per la mancanza di personale qualificato, non sempre erano tenute da maestri ma a anche da persone non diplomate ma che possedessero una sufficiente cultura. Gli alunni quasi sempre di classi diverse venivano affidati ad un solo insegnante. Terminata la scuola elementare, che di solito non si protraeva più della terza classe, i ragazzi si univano ai genitori nel lavoro dei campi. Pochi riuscirono a continuare gli studi, soprattutto per motivi economici e per la necessità di doversi allontanare da casa per mesi. L'alfabetizzazione della popolazione non fu nè completa nè rapida. Analfabeti erano particolarmente gli anziani, ma anche molti ragazzi che, per lavorare nei campi o pascolare il bestiame, non potevano frequentare la scuola. Durante il ventennio fascista l'istruzione non migliorò un gran che, particolarmente nei paesi più disagiati. Sia nella nostra vallata che nell'Appennino modenese in generale erano praticamente assenti altri tipi e gradi di scuola.

 

Le condizioni igienico-sanitarie erano carenti. Medici ed ostetriche stipendiati dal comune erano pochi e solo nei centri più importanti e raggiungibili con difficoltà, data la mancanza di mezzi di trasporto e di comunicazione veloci. Poche e distanti erano anche le farmacie. Molto difficile era reperire un medico in breve tempo e procurarsi farmaci o, peggio, in caso di malattie gravi, raggiungere un ospedale (Pavullo, Sassuolo o Modena). Molte vittime si contarono nel 1918 in seguito all'epidemia della cosiddetta febbre spagnola. Scarse erano in genere le condizioni igieniche nelle abitazioni, carenti gli acquedotti pubblici e le fognature (spesso gli scarichi dei lavandini scorrevano liberamente per le strade), per non parlare delle linee elettriche e della illuminazione pubblica. Le stanze di sera venivano illuminate utilizzando candele, lampade a petrolio o a carburo. Nel 1951 nel comune di Montefiorino erano circa un migliaio le abitazioni sprovviste di acqua corrente e di servizi igienici.

 

Uno dei problemi più pesanti, soprattutto per le frazioni più lontane dal capoluogo, era la viabilità. C'è ancora chi si ricorda le faticose e lunghe camminate fatte per raggiungere il posto di lavoro, gli uffici comunali, il medico condotto attraverso strade che più spesso erano vere e proprie mulattiere. Le frazioni poi sulla destra del Dragone, tra cui Boccassuolo, erano particolarmente disagiate in quanto le strade più importanti per collegarsi con la pianura o la Toscana erano sull'altro versante della vallata. Alla fine del 1922 non erano ancora stati costruiti i tronchi stradali Savoniero-Monchio e Savoniero-Palagano-Boccassuolo. La strada che collega Monchio con la Volta di Saltino fu costruita dopo la fine della seconda guerra mondiale. Risale a quel periodo anche la costruzione della strada comunale che collega Boccassuolo a Casa Guiglia.

 

La fonte principale di sussistenza era l'agricoltura e l'allevamento di bestiame (mancava qualsiasi tipo di industria) praticati con metodi tradizionali. Venivano coltivati soprattutto cereali e piante da foraggio. Buona parte delle famiglie erano proprietarie del terreno su cui lavoravano. Venivano allevati bovini, ovini, suini, equini ed ampie zone del territorio erano riservate al pascolo. A partire dall'inizio degli anni '20 si registra nell'appennino modenese un continuo incremento del numero dei bovini allevati. Mucche, buoi e vitelli erano condotti al pascolo da maggio ad ottobre e venivano poi tenuti chiusi nelle stalle e nutriti per tutto l'inverno col fieno raccolto nella bella stagione. In maggioranza si trattava di bovini di razza montanara modenese: mantello grigio scuro, testa pesante, corporatura snella e perciò anche adatta al traino di pesi e dell'aratro, ma scarsa produttrice di carne e latte. Infatti la media giornaliera di latte era di 5-6 litri per vacca e il periodo della mungitura di 180-200 giorni l'anno. In media cerano 4-5 capi per stalla. Il latte veniva praticamente tutto lavorato artigianalmente in famiglia in quanto i Caseifici Sociali nella nostra montagna si svilupparono con anni di ritardo rispetto alla pianura. Nel comune di Montefiorino nel 1928 cerano 1.728 vacche da latte ed un solo caseificio. Chi aveva capi di bestiame da vendere li doveva trasportare personalmente nelle fiere che si tenevano nei centri maggiori oppure cederli a mercanti che passavano di stalla in stalla e che spesso offrivano somme inferiori al reale valore dell'animale. Gli ovini erano allevati nelle zone più povere, soprattutto nelle parti con maggior altitudine dove cerano ampie zone spoglie di alberi e che permettavono alle greggi di pascolare da giugno a settembre. nei rimanenti mesi dell'anno i pastori conducevano le pecore in pianura, particolarmente in Toscana e lungo il fiume Po.

I prodotti della terra costituivano la principale fonte di sostentamento. Quello che mancava veniva acquistato nelle piccole rivendite di generi alimentari, che ogni paese aveva. In inverno l'alimentazione era costituita soprattutto da polenta di granoturco o di farina di castagne. La carne compariva nelle feste e negli avvenimenti più importanti.

 

 

 

 

 

 

Emigrazione


Approfondimenti



Il numero dei disoccupati era molto elevato anche in conseguenza del continuo aumento della popolazione e a molti non restava che la possibilità di abbandonare il proprio paese temporaneamente o definitivamente per trovare lavoro altrove, in Italia oppure all'estero.

Ad emigrare erano soprattutto i giovani, la forza più produttiva e dotata, per cui venne a mancare nei nostri monti una parte importante e vitale della popolazione. Le mete erano molto varie comprendendo grandi città del nord Italia (Milano, Genova), le campagne della pianura Padana e Toscana, Sardegna, Corsica, Isola d'Elba ma anche l'estero (Francia, Belgio, Germania, Libia, Algeria, Tunisia, Stati Uniti d'America, Canada). Il fenomeno dell'emigrazione fu molto marcato fino agli anni '30. Il regime fascista impose molte restrizioni alla emigrazione estera e dopo il 1938 ogni forma di emigrazione verso i paesi stranieri venne praticamente a cessare. Si andava a lavorare come minatori (Belgio, Germania), zappatori, potatori di viti, bovari, taglialegna (pianura emiliana, Toscana, Sardegna, Corsica), segantini (nord Africa), operai e muratori (Genova, Milano, Firenze). L'emigrazione temporanea si aveva in particolare durante la stagione invernale, quando i lavori agricoli diminuivano, per poi fare ritorno al paese, che si ripopolava, all'inizio dell'estate.

Nel 1928 don Sola scrive che Boccassuolo contava 1154 abitanti e 251 famiglie e "che gli emigrati sono circa in numero di 350".

Gli Stati Uniti d'America rappresentavano una meta ambita per molti emigranti. Alcuni hanno fatto ritorno dopo molti anni (10-20), altri si sono stabiliti e costruiti una vita all'estero e rientrano solo saltuartiamente al paese.

Dopo la seconda guerra mondiale, durante la quale un certo numero di emigrati tornarono ai monti, ci fu una ripresa della emigrazione soprattutto verso i centri maggiori della pianura dove si stava realizzando un intenso processo di industrializzazione.

Nel complesso si trattava di un ambiente di tipo contadino con uno stile di vita relativamente tranquillo, laborioso e legato al rispetto delle tradizioni paesane in cui la vita scorreva senza particolari sussulti. Le cose cambiarono con l'avvento della seconda guerra mondiale, con lo svilupparsi della resistenza e soprattutto dopo i fatti del 18 marzo 1944.

 

 

 

 

 

Il terremoto del 1920


Il 7 settembre del 1920 l'Appennino modenese-reggiano fu scosso da un violento terremoto che ebbe il suo epicentro nelle Alpi Apuane, in Garfagnana.

I danni maggiori si ebbero soprattutto nel reggiano ma anche nel Frignano si contarono tre morti, decine di feriti, case distrutte e molte di più lesionate.

Coinvolta fu anche la chiesa parrocchiale di Boccassuolo e nell'archivio esistono ancora le relazioni dei tecnici del Genio Civile inerenti i danni riportati e i lavori da fare per la riparazione.

 

 

 

 

La frana del 1939


Nel 1939 buona parte di Boccassuolo e delle borgate circostanti furono distrutte da una frana che iniziò il 28 maggio dalla parte dei Cinghi, e continuò per tre giorni interessando anche le Granare, le Lamarine e si portò fin sotto il campanile poco distante da Casa Minguci.

Furono distrutte 137 case e molte altre lesionate più o meno gravemente.

La scuola elementare C. Cerretti si abbassò di 80 centimetri.

Fortunatamente non ci furono nè vittime nè feriti e non andò perso bestiame.

Arrivarono aiuti dal Comune e furono costruite 10 case (6 alle Serre e 4 alle Fagiole) per dare un tetto a chi più ne abbisognava.

Andò distrutta anche la strada che collegava Boccassuolo a Palagano che allora aveva un tracciato diverso dall'attuale (se ne vedono ancora i resti ai Cinghi).

Per la ricostruzione di detta strada ci furono discordie in quanto alcuni volevano riparare la vecchia, altri costruirne una nuova. Alla fine prevalse la scelta di un nuovo tracciato, l'attuale.