ESTENSI
Palagano, Aravecchia: Stemma estense
Risale al 1337 la stesura degli "Statuta et ordinamenta comunis et populi Frignani seu Universae ditionis Sextulae", i primi statuti del Frignano voluti dai marchesi Nicolò e Obizzo d'Este ed elaborati da sette nobili, nove notai e cinque frignanesi. Gli statuti rappresentano la legislazione cui dovevano sottostare tutti gli abitanti di un territorio e in questo periodo storico erano quanto mai necessari essendosi realizzati profondi cambiamenti politici e civili. Inoltre si tentava di uniformare la legislazione precedente ai contenuti degli Statuti di Modena redatti nel 1327. Il Frignano, che venne costituito a Provincia con capoluogo Sestola, salvo brevi interruzioni, rimase sotto la Signoria Estense fino al 1859.
Nel 1510 Papa Giulio II, occupò Modena e tentò di conquistare anche il Frignano. La maggior parte degli abitanti, però, rimase fedele al Duca Alfonso I d'Este in questo ed negli altri tentativi di invasione avvenuti successivamente.
Il 29 luglio 1512 Lucrezia Borgia, duchessa di Ferrara, scriveva, come ricompensa della fedeltà dimostrata dal popolo del Frignano: "Dilettisimi nostri - a satisfactione et contento di tutti voi siamo contenti et volemo che tutti li debiti contracti per lo adrieto universalmente da quelli nostri fideliss.i subditi del nostro Commissarià del Frignano siino cassi, et annullati per causa delle Tasse er del sale; et volemo et dichiaremo che per tal causa non siate da alcuno delli nostri officiali ed subditi del Ex. del S.r nostro molestati, perchè ve ne facemo remissione et gratia libera mossi per li meriti vostri verso S. Ex. P.ta et per i pregi del commiss.o nostro lì, il quale per tal vostro beneficio et sublevatione ne ha fatto instantia, et voluntier lo havemo facto, et quando in altro vi potiamo gratificar di booa voglia lo faremo. Bene vi confortamo ad volervi portar fedelmente et da boni subditi, come sempre havete facto, quando occora che lo exercito hyspagnolo venghi per voler spogliar di quelle nostre terre del commissariato nostro del Frignano, perchè non solo be tenerà bona memoria li Ill.mo S.re nostro Consorte, ma ne sarà anche gratissimo et similmente Noi".
A papa Giulio II successe Leone X. La situazione non cambiò e assalti alle terre del Frignano, con continue lotte tra papalini ed estensi, si ripeterono ma senza risultati, se non quello di danneggiare sempre di più una popolazione già duramente provata.
Nel 1517 ci fu un tentativo di invasione guidato da Domenico Morotto delle Carpinete che assediò la Rocca di Medola con 500 uomini. L'assedio fu respinto, dopo una estenuante resistenza da parte dei 50 soldati al comando del Conte Paolo Bebbi e di Giberto, Marco Antonio e Nicolò Montecuccoli, asseragliati nella Rocca, e con il sostegno degli uomini inviati dalla podesteria di Montefiorino.
Nel 1521, alleatosi con Carlo V, Leone X ritentò l'occupazione del Frignano che quasi spontaneamente e senza porre grande resistenza si assoggettò (le popolazioni vennero consigliate in questo senso anche dal Duca). La signoria papale durò un paio di mesi. Infatti nello stesso anno Leone X morì e il popolo del Frignano si sollevò al fianco di Alfonso I d'Este che riottenne il dominio nel Modenese. La Provincia del Frignano fu ricompensata con la conferma di una serie privilegi già concessi in passato per la fedeltà che queste popolazioni avevano dimostrato agli Estensi.
Gli anni successivi furono ancora caratterizzati da incursioni e scontri, soprattutto tra le fazioni di Morotto delle Carpinete e Cato da Castagneto, che gravarono pesantemente sulla popolazione. Nel 1523 fu stipulato un trattato di pace ma la montagna modenese continuò, per anni, ad essere teatro di violenze, atrocità, saccheggi, omicidi, ruberie e tentativi di repressione da parte delle autorità. Nel 1544 Ercole II, Duca di Modena, figlio e successore di Alfonso I, scriveva che: "... enormi assassinamenti e continue rappresaglie, fossero fatte nel Frignano, dai banditi che si introducono e pigliano or questo or quello, non restituendolo se non dopo aver pagato una taglia.".
Nel 1528 il Duca Alfonso I d'Este concesse in feudo a Vincenzo Mosti, nobile ferrarese, e nel 1534 a suo figlio Alfonso, le Contee di Rancidoro e Medola. La Contea di Medola comprendeva Medola, Boccassuolo, Palagano, Costrignano, Susano e altri territori. I Mosti furono autorizzati anche ad aggiungere al loro cognome quello Estense e a fregiare il loro stemma con l'aquila bianca Estense in campo azzurro: assunsero cosi il cognome di Mosti-Este. Successivamente i due feudi furono unificati in uno solo con capoluogo Rancidoro. La Contea di Rancidoro era costituita dai comuni di Boccassuolo, Lago, Palagano, Costrignano, Monchio, Cadignano e Pianorso.
Nella Podesteria di Rancidoro nel 1547 gli uomini di Medola, Boccassuolo, Palagano, Costrignano, Monchio, Rancidoro e Mirasole chiesero di aggiornare gli statuti vigenti e nel 1551 a Palagano furono pubblicati i nuovi che rimasero in vigore fino al 1777 quando furono sostituiti dal Codice Estense, unica legislazione valida in tutto il Ducato.
Nel 1554 milizie francesi dovendosi spostare da Mirandola in Toscana percorsero le valli del Secchia e del Dragone, seguendo l'antica via Bibulca, transitando per Rubbiano, Vitriola, Frassinoro causando sofferenze alla popolazione della vallata. Negli anni successivi ci furono tentativi di invasione da parte degli Spagnoli e dei Toscani ma si ebbero solo episodi non gravi, alcuni dei quali nel territorio di Montefiorino. Nel 1598 gli Estensi persero Ferrara e con essa una terra fonte di ricchezze per cui tasse straordinarie gravarono sul rimanente territorio, compreso il Frignano. Queste tasse risultarono ancora più pesanti perché capitarono in un periodo di carestia.
Il 1631 fu un anno indimenticabile: l'anno dell'epidemia di peste che colpì buona parte d'Italia, e le comunità della Valle del Dragone non furono risparmiate. Palagano fu colpito assai duramente e dai registri dei defunti risulta che l'epidemia si sviluppò tra maggio e ottobre. Il 22 maggio e il 3 giugno si ebbero 9 morti nello stesso giorno con una media di 5-6 decessi negli altri giorni dell'epidemia. Alla fine morirono 291 persone, più della metà della popolazione. La peste determinò la morte di molti proprietari di castagneti, ubicati nel territorio di Palagano, e dei loro eredi. Cessata l'epidemia gli abitanti di Boccassuolo scesero a Palagano e si appropriarono dei fondi rimasti senza padrone. In seguito l'usocapione e l'intervento ducale legalizzarono questa appropriazione.
A motivo di certi pascoli, all'inizio del XVII secolo, gli abitanti di Boccassuolo ebbero con gli uomini del Brocco aspre contese, che si protrassero e si rinnovarono per più anni con reciproche rappresaglie.
Nel 1713 il Conte Antonio Mosti-Este nomina Comandante della Rocca di Medola Matteo Evangelista Lenzotti di Boccassuolo in sostituzione del dimissionario Giovanni Lami, sempre di Boccassuolo.
Con la morte del Conte Antonio, avvenuta nel 1734, la famiglia Mosti-Este si estinse e la Contea di Rancidoro passò sotto la diretta signoria degli Estensi. In questo periodò si propose anche di suddividere la Podesteria di Rancidoro in quattro contee: Pianorso e Cadignano, Monchio e Costrignano, Palagano e Boccassuolo, Medola e Lago. Boccassuolo aveva "75 fuochi, 360 bocche e 80 soldati". La Podesteria di Rancidoro non venne divisa e nel 1741 Francesco III nominò il nuovo feudatario: il Conte Alessandro Sabbatini di Fanano. Il dominio del Sabbattini non durò molto poiché nel periodo napoleonico i feudi furono soppressi e i loro beni incamerati.
Nel 1788, Ricci Ludovico, nella Coreografia dei territori di Modena e Reggio sotto i donini Estensi (edita nel 1806 a Modena), scriveva: "Boccassuolo, comune della Contea di Rancidoro, feudo Sabattini nella provincia del Frignano, sotto la diocesi di Modena e l'archivio di Sestola. (...) Ha una propria adunanza di reggenti, e una parrocchiale col titolare di S. Apollinare, figliale della Pieve di Frassinoro. E' posto a monte ed è distante da Rancidoro 7 miglia, da Modena 32, ha una popolazione di 445 abitanti. In un luogo di questo comune (presso il fiume Dragone) sorgono fiamme simili a quelle di Barigazzo".
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